Open Genova ha posto 5 domande ai candidati sindaco (elezioni amministrative 2022) sui temi a noi cari: Transizione Digitale, Lotta al divario digitale culturale, Smart City e Tecnologie Digitali.

Di seguito riproponiamo le domande con le risposte di Martino Manzano.

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Buongiorno, innanzitutto grazie per l’opportunità che mi offrite per esprimere la nostra visione riguardo questo tema di grande attualità.

Premetto che non sono una persona di grandi competenze in materia. Penso che la tecnologia possa essere utilizzata come un mezzo per aiutarci e facilitarci nella vita quotidiana, oppure come un’arma, per controllare e vessare i cittadini, più di quanto già non siano. Per cui noi, come 3V, andiamo molto cauti con l’ approccio alla digitalizzazione. Gli esempi di cattivo uso della tecnologia sono già molti, ne citerò solo alcuni. Le telecamere stradali, che stanno facendo strage di multe in un momento di difficoltà economica come questo.

Gli appuntamenti on-line come unica forma di accesso a determinati servizi, che hanno creato e stanno creando molti disagi alle persone anziane, ma non solo.

La tecnologia 5G e addirittura 6G (in fase sperimentale proprio qui a Genova) che sta venendo sperimentata sulla pelle dei cittadini, senza alcuna garanzia di innocuità, anzi con diversi studi che dimostrano la pericolosità dell’esposizione prolungata a determinate radiofrequenze ed onde elettromagnetiche.

Detto questo passiamo alla domande:

Quale sarà la prima azione di transizione digitale della Pubblica Amministrazione che, come candidato sindaco, farà quando sarà eletto?

La prima azione dovrebbe essere quella di spiegare in maniera semplice ma capillare che cosa s’intende per “transizione digitale della pubblica amministrazione” e quindi chiarire bene a quante più persone possibili che cosa si vuole fare e in che modo si intende farlo.

Come prima cosa pensiamo sarebbe utile mettere a disposizione sul territorio, dei punti di ascolto e d’informazione per fornire un primo supporto a tutti quei cittadini che NON hanno le competenze digitali necessarie per affrontare questa “digitalizzazione”.

Rispetto al Piano Triennale per l’Informatica del Comune di Genova 2020-2022 (pagg. 6-9), quali sono secondo lei i punti migliorabili e cosa dovrà essere fatto durante il suo mandato?

Un politico non è un tuttologo, per lo meno non io. Per poter dare una risposta seria e concreta su questo punto, dovrei avere a disposizione del tempo che, in questo periodo di campagna elettorale, non ho. Per questo motivo voglio essere molto franco e sincero; mi riprometto di leggere e analizzare con attenzione il piano citato al più presto, in particolar modo se dovessi essere eletto, come mi auguro, al consiglio comunale.

Nell’ambito della lotta al divario digitale, a Genova esistono diverse associazioni del terzo settore che si occupano di alfabetizzazione digitale. Qual è la sua posizione relativamente al coinvolgimento del terzo settore in questa attività? Ritiene che questo ruolo debba/possa essere svolto direttamente dalle strutture comunali/municipali?

È molto importante consolidare il rapporto di collaborazione tra pubblica amministrazione e associazionismo. È un passaggio fondamentale per riavvicinare i cittadini alla politica, ovvero a tutto ciò che viene, o meglio, dovrebbe essere fatto per il bene dei cittadini stessi e della collettività. Quindi si potrebbe creare una squadra di “formatori”comunali, esperti del settore, che forniscano le competenze necessarie alle associazioni che intendano perseguire insieme questo obiettivo, seguendole e monitorandone l’azione sul territorio.

Un recente studio commissionato da Intel rileva che la metà degli intervistati non ha idea di cosa sia una smart city/città intelligente (fonte: sito web Corriere.it). Quali azioni pratiche intende fare per aumentare la consapevolezza e la conoscenza di questo argomento nei cittadini genovesi?

Anche qui bisogna capire che cosa s’intende per “Smart city” e se i cittadini realmente desiderino vivere in tale città. Se pensiamo al modello di controllo sociale Cinese, la risposta che viene spontanea è…anche no!

Io più che a una Smart city, preferisco pensare a una “Friendly city”, una città accogliente, aperta, multiculturale, rispettosa, pulita…bella!

Ritengo che abbiamo tanti gravi problemi sociali e culturali a cui dare la precedenza: violenza generalizzata, abuso di sostanze stupefacenti, scarso senso civico, degrado sociale, dissonanza cognitiva, disaffezione alla politica, mancanza di lavoro e prospettive future ( in particolare per i giovani), disgregazione sociale…e potrei andare avanti a lungo.

Per giunta la robotizzazione e l’intelligenza artificiale, che potrebbero facilitare la vita dell’uomo, rischiano in realtà di minare ancor di più il nostro tessuto sociale, in particolare non è da sottovalutare il rischio di un ingente perdita di posti di lavoro.

Altro rischio che vediamo in questa visione “Smart”, è l’uso del denaro contante che secondo alcuni non dovrebbe più esistere. Questo è un altro aspetto da scongiurare, perché purtroppo, ad oggi, il potere delle banche e della finanza è già troppo grande e in questo modo diventerebbe smisurato, darebbe loro, assieme ai governanti conniventi, il potere praticamente assoluto, potendo decidere con un click, di bloccare il conto corrente e quindi la possibilità di sopravvivenza di chiunque essi vogliano. Ricordiamoci di quanto successo in Grecia qualche anno fa e cosa è successo recentemente in Canada con la protesta dei camionisti, a cui è stato bloccato il conto corrente su cui venivano versati i soldi destinati per poter proseguire la loro protesta.

Come futuro sindaco, come vede il rapporto tra genovesitecnologie digitali e pubblica amministrazione locale tra 5 anni, alla fine del suo mandato? Cosa sarà cambiato?

Tra 5 anni, mi immagino una città sempre più a misura d’uomo e soprattutto di giovane e di bambino.

Auspico una città che sappia coniugare la modernità con la salvaguardia del benessere e la salute dei propri cittadini.

Mi immagino punti di supporto digitale in cui i giovani aiutino gli anziani a rapportarsi con questo “nuovo mondo”. E posti in cui gli anziani insegnino ai giovani il valore degli antichi saperi popolari: l’esperienza vissuta, gli antichi mestieri, le nostre tradizioni culinarie, culturali e linguistiche.

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