partecipazione attiva

Antonella Napolitano, Europe Editor di Personal Democracy Media, ha pubblicato qualche giorno fa questo articolo sull’esperienza del Bilancio Partecipato a Parigi. Per consentire la lettura anche a chi non è a suo agio con l’inglese, lo abbiamo tradotto.

 

 Lezioni da Parigi, la casa del più grande Bilancio Partecipato in Europa

Lo scorso autunno gli elettori parigini hanno deciso come spendere 20 milioni di euro del loro bilancio cittadino, nella prima esperienza in assoluto di bilancio partecipato della città. Quest’anno c’è più del triplo in gioco, il processo di allocazione dei fondi è stato migliorato, e tutti i cittadini potranno proporre progetti da prendere in considerazione. Essendo la città del più ampio bilancio partecipato in Europa, Parigi guida il continente con il suo esempio.

Il sindaco Anne Hidalgo era stata eletta da poco, al momento del voto dello scorso anno, per cui il processo non è stato completo e ben realizzato come l’amministrazione avrebbe voluto, mi racconta Clèmence Pène, la 29enne responsabile della strategia digitale presso l’Ufficio del Sindaco (nonché, va detto, la curatrice per molto tempo di PDF France). Quest’anno si stanno realizzando alcuni cambiamenti chiave e si offre un supporto addizionale ai cittadini partecipanti.

La “call for ideas” è uscita il 14 gennaio. I partecipanti possono presentare le proposte fino al 15 marzo. Una volta proposta, ogni idea è discussa sulla piattaforma per un periodo di tre settimane al massimo, ed è poi inviata all’amministrazione, che ne valuta la fattibilità. Questo processo si dovrebbe concludere entro Maggio, secondo il calendario previsto. Sono già più di 4200 i cittadini che hanno creato un profilo e circa 1400 idee sono state caricate sulla piattaforma.

La città sta fornendo supporto a questi cittadini attivi: da workshop sul territorio ad informazioni che li possano aiutare nella stima dei costi, l’amministrazione sta provando a realizzare un vero processo di co-progettazione. In Giugno, i progetti giudicati fattibili saranno condivisi con tutta la cittadinanza in una assemblea, e a Settembre seguirà un voto popolare.

Il voto potrà essere espresso sia online che sulle tradizionali schede cartacee. “Il Sindaco ci tiene alla possibilità della modalità di voto tradizionale, per dare la possibilità di esprimersi anche ai cittadini più anziani e a quelli che non possiedono un computer”, dice Pène. Stando a un rapporto del 2013 del Consiglio Nazionale Francese per il Digitale (French Digital National Council), l’80 per cento dei cittadini francesi ha un computer a casa.

“Personalmente”, aggiunge Pène, “avrei preferito soltanto il voto online, eventualmente con postazioni pubbliche attrezzate per il voto online assistito. Potremmo finire per avere centinaia di progetti, e questo complicherà le cose se dovremo prevedere anche la modalità di voto cartaceo.”

La logica redistributiva del Bilancio Partecipato

Ci sono due cose che un bilancio partecipato deve avere, dice Tiago Peixoto, specialista di Open Government presso la Banca Mondiale e rinomato esperto di bilanci partecipativo: le idee devono venire dai cittadini e gli investimenti si devono concentrare nelle aree più povere e a rischio.

“L’inversione delle priorità è l’elemento che definisce il bilancio partecipato”, mi dice nel corso di un’intervista via Skype, “ la visione ‘conservativa’ del BP prende in considerazione i bisogni dei cittadini.”

Nel primo tentativo di bilancio partecipativo nella capitale francese sono mancati entrambi gli elementi: nell’autunno 2014, la città di Parigi ha investito 20 milioni di euro nel bilancio partecipato, ma i cittadini hanno potuto votare soltanto per un insieme di 15 progetti pre-selezionati. Hanno votato più di 40000 persone (Parigi ha una popolazione di 2.200.000 abitanti), e il 60 percento ha scelto il voto online.

“Ciò che accede spesso è che le città tentano di implementare il bilancio partecipato senza usare la ‘formula di redistribuzione’ e poi si rendono conto di non riuscire ad ottenere gli stessi risultati che ha avuto il Brasile”, prosegue Peixoto.

Il Brasile, suo luogo di nascita, è stato notoriamente il primo a sperimentare e implementare con successo il bilancio partecipato, iniziando circa 25 anni fa. Uno studio di fine 2013 mostra che fra il 1990 e il 2008, oltre 120 fra le 250 città brasiliane più grandi hanno adottato il bilancio partecipato.

Come scrive il Washington Post:

Le amministrazioni locali che hanno adottato il bilancio partecipato hanno speso di più in educazione e sanità, ed hanno visto calare la mortalità infantile. Stimiamo che le città senza BP abbiano un livello di mortalità infantile simile alla media brasiliana. In ogni caso, la mortalità infantile crolla di almeno il 20 percento nelle città che hanno utilizzato il BP per più di otto anni – di nuovo, dopo aver considerato gli altri fattori politici ed economici che possono influenzare la mortalità infantile.

Il bilancio del 2014 è stato soltanto il primo passo per Parigi: nel 2015 la città ne ha modificato significativamente il funzionamento. Oltre a stanziare più denaro, l’amministrazione ha modificato i criteri di distribuzione dei fondi: dei 75 milioni di euro nel bilancio partecipato, la metà andrà a progetti riguardanti l’intera città e l’altra metà sarà divisa fra i 20 distretti (arrondissements) cittadini.

Parigi sembra avere appreso dai pionieri del BP, destinando più risorse alle aree che ne hanno più bisogno.

Il primo arrondissement, il centro vero e proprio di Parigi, ha un budget locale di 200000 euro, mentre i quartieri suburbani più poveri, come Belleville – Menilmontant (il ventesimo) o Pigalle (il diciottesimo), quest’ultimo tradizionalmente famoso fra i turisti come un’area di sexy shops e nightclub, avranno budget decisamente più alti, attorno a 3 milioni di euro ciascuno. Va notato che entrambi i quartieri hanno registrato percentuali di partecipazione al voto fra le più alte, lo scorso anno.

Il Bilancio partecipato e la politica: una relazione da definire

Lo scorso anno, alla presentazione del bilancio 2014, il sindaco Hidalgo, appena eletta, disse:
La risposta delle amministrazioni locali alla crisi che abbiamo di fronte non è quella di spaventare le persone o stigmatizzare le loro scelte: al contrario è quella di fidarsi di loro, dando loro più spazio per esprimersi, più strumenti per informarsi, più potere di influenza; non è imporre azioni e modalità di gestione, ma proporre nuovi spazi e consentire ai cittadini di prenderne possesso nella maniera più libera possibile.

In tempi di crisi e forte contrapposizione fra le parti in Europa, il processo politico sottostante il bilancio partecipato non deve essere sottostimato: è molto importante, dice Clémence Pène, che tutti i “sindaci” dei 20 distretti abbiamo deciso di aderire al processo (non era obbligatorio). Il bilancio partecipato vede una partecipazione che va oltre le tradizionali divisioni politiche, visto che quei “sindaci” appartengono a partiti diversi, aggiunge.

Stando alle ricerche, , tuttavia il bilancio partecipato non è la ricetta perfetta per essere rieletti: studi recenti affermano che non c’è un significativo effetto sul senso di appartenenza politica, sebbene incrementi la possibilità di rielezione in elezioni locali del 9-10 per cento (ma per un solo mandato).

E’ dimostrato che le pratiche di coinvolgimento dei cittadini, incluso il bilancio partecipato, generano un aumento delle entrate fiscali, ha scritto Peixoto sul suo blog nel gennaio scorso.

“La partecipazione porta a maggiore partecipazione”, riassume, aggiungendo che non esiste un solo studio che provi che il bilancio partecipato porti a minori percentuali di votanti.

L’esperto e studioso brasiliano di BP evidenzia l’importanza di rafforzare il bilancio partecipato per legge: l’istituzionalizzazione del processo assicura che possa sopravvivere alle transizioni politiche. Questo sta effettivamente succedendo in numerosi paesi (in Europa, nella maniera più evidente in Polonia).

Dal punto di vista legale, la città di Parigi sembra essersi impegnata : il bilancio partecipato è stato regolamentato dal Consiglio Comunale di Parigi con un apposito provvedimento, mi dice Pène. Il prossimo sindaco non potrà interrompere il processo a meno dell’approvazione un esplicito atto formale del Consiglio Comunale cittadino in tal senso.

C’è una via europea al bilancio partecipato ?

Al momento, Parigi si presenta come il più grande tentativo di bilancio partecipato in Europa e potrebbe restarlo anche nei prossimi anni: il sindaco Hidalgo si è impegnata a investire 426 milioni di euro da qui al 2020, circa il 5 per cento dell’intero bilancio cittadino.

Le esperienze di bilancio partecipato si stanno anche diffondendo in maniera significativa in tutta Europa: il numero delle città che hanno implementato il BP è cresciuto dalle circa 300 del 2010 alle più di 1300 del 2012, ed è ancora in crescita, dice Paixoto a TechPresident.

Non esiste una specifica “via europea” al bilancio partecipativo, in apparenza. Peixoto sottolinea che i diversi stati europei lo stanno realizzando con approcci diversi fra loro. Il Portogallo e la Spagna sono sempre stati molto attivi, spiega, e hanno sviluppato un approccio focalizzato sul miglioramento e l’incremento della partecipazione democratica, molto vicino a quello dei paesi sudamericani, date le strette relazioni esistenti. La Germania, invece, privilegia l’efficienza amministrativa.

“In questo scenario dove si colloca l’esperimento di Parigi ?”, ho chiesto a Clémence Pène.

“Stiamo provando a fare qualcosa di completamente differente: è il classico caso di un’amministrazione che cambia la gerarchia dei progetti da sviluppare, […], cambiando nel contempo sé stessa”, dice, accennando al fatto che il cambiamento può spaventare gli amministratori pubblici più dei cittadini.

La partecipazione può talvolta essere travolgente, mi spiega, quando chiedo quante persone sono coinvolte: all’inizio solo l’ufficio del Sindaco, ma quasi subito si è unito il Vicesindaco che ha la delega alla partecipazione. In seguito la risposta dei cittadini è stata talmente vasta che anche gli uffici dedicati a smart city e comunicazione sono stati coinvolti.

Mentre il processo in sé stesso sembra chiaramente definito, non è altrettanto semplice immaginare come si svilupperà e come potrà assicurare sostenibilità sociale.

E’ parte della sfida, sostiene Pène: “ Credo che i risultati si vedranno in cinque anni: spero che, a un certo punto, le organizzazioni che hanno progetti innovativi sceglieranno il bilancio partecipato della città per farli diventare realtà.”

 

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